Hitler by Giuseppe Genna

Hitler by Giuseppe Genna

autore:Giuseppe Genna [Genna, Giuseppe]
Format: epub, mobi
ISBN: 9788804585275
editore: Mondadori
pubblicato: 2010-02-02T14:00:00+00:00


60

Berlino (Germania), agosto 1936

È il 3 agosto. Il caldo è mitigato dalla latitudine.

L'uomo di colore riscalda i muscoli, scioglie i tendini, abitua il collo e le spalle allo sforzo imminente.

La sua immagine domina Berlino.

Queste sono le XI Olimpiadi e Berlino ha sbaragliato la candidatura di dieci città concorrenti. Il Presidente USA, Roosevelt, che ora siede a disagio in tribuna centrale accanto a Hitler, aveva posto il veto. Il Führer ha colto al balzo l'idea del dottor Goebbels: la piccola, spietata scimmia è intuitiva. Il Führer ha trasformato le Olimpiadi in una dimostrazione di forza, potenza, efficienza della "nuova" Germania: la sua Germania.

Lo stadio di Norimberga, il colossale progetto di Speer, non è ancora terminato. Speer ha lavorato all'ingrandimento dello stadio berlinese, costruendo un anello esterno in granito bianco, stupefacente: deve mutarsi in monumento perenne.

Leni Riefensthal sta riprendendo tutto, si aggancia a cavi che la sollevano e l'abbassano con moto pneumatico, permettendole riprese mai viste prima sugli schermi.

Quattordici macroschermi sono stati sistemati nella capitale tedesca. Immagini un poco sfocate, in bianco e nero, incantano la popolazione.

Su tutti gli schermi si sta osservando ora il perfetto corpo, elastico e rilucente, di James Cleveland Owens, detto Jesse. È l'atleta di colore che tiene alta la bandiera antisegregazionista, negli Stati Uniti. In tribuna non è Hitler a essere irritato per quei saltelli del campione nero – è Roosevelt, che pensa al voto degli Stati del Sud, razzisti, dove i negri non possono neppure avvicinare l'urna elettorale.

Soltanto un anno prima, Owens ha spalancato la bocca del pianeta, sconcertandolo. Il 25 maggio, nel giro di quarantacinque minuti, al Big Ten Meet di Ann Arbor nel Michigan, ha stabilito in una rapidissima consecuzione i record del mondo nel salto in lungo, nelle 220 yarde, nelle 220 yarde a ostacoli, e ha eguagliato il primato delle 100 yarde. Il vento lo ha partorito, le deità Yoruba hanno innestato ali nei suoi legamenti, la sua pelle luminosa rilascia riflessi abbaglianti quando s'invola, quando distanzia chiunque, quando chiunque sente il muscolo cardiaco e la pompa polmonare cedere e vede nell'abbattimento la schiena muscolosa di Owens che si allontana prodigiosa, verso il traguardo.

Le deità Yoruba hanno forgiato il corpo reattivo, imprendibile, perfetto.

Tutti gli atleti si chinano, inarcano i dorsali, comprimono i femorali: sono ai blocchi di partenza. In 100 metri si decide la medaglia d'oro memorabile, quella che può insultare teorie razziali, regimi distanti tra loro, uniti da diverse forme di identica segregazione.

Il Führer ha permesso ad atleti ebrei tedeschi di partecipare all'Olimpiade, ma non significa nulla.

Roosevelt ha percorso praterie in cerca dell'ultimo voto di contadini incalliti nel loro aspro astio, nell'odio verso i negri, di notte si calano addosso il cappuccio conico e bianco del Klan. Non significa nulla?

Owens si gonfia.

Esorbita.

La sua mente si svuota.

Lo chiamano "Lampo d'ebano".

Sta per fare scivolare le solette nell'aria, il vento è pronto a gonfiare la sua maglietta bianca, i suoi pantaloncini bianchi.

Quanta fatica ha speso questo uomo di ebano e lega leggera, per arrivare qui?

La sua mente è vuota.

Non ricorda il dolore, lo sforzo, l'umiliazione.



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